[La casa non ci è mai appartenuta tanto come in questo tempo, non ci è mai sembrata così stretta e contemporaneamente così protettiva come adesso, così una prigione e così una salvezza.
Giro per casa, una casa che abitiamo da poco tempo, che non avevamo ancora finito di sistemare quando siamo stati condannati a non potercene allontanare, una casa che ha dunque iniziato prima del previsto ad appartenerci, nonostante i colori, gli affacci, gli spazi diversi da quelli cui eravamo abituati.
Giro per casa e mi guardo intorno, rimugino sulle corrispondenze tra com’è e come avremmo voluto che fosse, sui piccoli e indispensabili lavori che ancora avremmo dovuto fare e che chissà quando e se si faranno mai, sistemo le cose e ne ritrovo di dimenticate o trascurate, apro qualche ultima scatola, sposto e ricolloco. Rivedo oggetti preziosi come i piccoli sassi che raccoglieva e conservava Luca – che mi rimandano ai fiori che, piccolissimo, mi portava dai parchi, ora stretti nelle pagine dei libri – o come i disegni suoi e di Paolo e i foglietti con le prime parole scritte e gli infiniti pizzini «ti voglio bene».
Per caso mi sono ritrovata a scattare alcune foto per casa, ognuna di per sé di poco conto, ognuna ispiratrice di una quartina.]
Come una mostra una esposizione
– collezione privata – collazione
mutevole e nevrotica. L’interno
perfetto simulacro dell’inverno.
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