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Celano rima hai dimenticato?
Va ben l evocazione ma ti scordi
Che endecasillabo l hanno inventato
Perché la rima intendon anche i sordi
Da studi fatti da noi contadini
Che mani e piedi abbiamo sempre lordi
Pare che i feti de bimbi piccini
In pancia alle lor madri gestanti
Collegan ritmo di lor cuoricini
Al mantice e battiti sai quanti?
Ne batte del core il campanone
Undici sono contali son tanti
Dentro il lavoro fatto dal polmone
In un atto della respirazione
Questa è la naturale potenza dell endecasillabo ,primo ritmo e cadenza naturale percepito dall’ essere umano ,ovviamente ci vole un contadinaccio
Per farlo intendere a voi studiati datosi che:
Chi mai porto ne morso ne cavezza
Chi non rimase dentro quelle stalle
A certa gente guarda con tristezza
A scuola ne impararono di balle
Di altrui pensiero fecero certezza
Ma gl’ empiristi mostrano le falle
Di nave poco ben calafatata
Su cui naviga la gente studiata
Ecco Alessandra prima a terzine incatenate ,ora ad ottava da Brescello
L endecasillabo spontaneo lasciatelo a noi contadini e facchini
Voi poeti avete sciupato troppo la naturale intrinseca istintivita’
Voi fate il monumento a voi stessi ,noi si ragiona dell umana specie e natura
A Firenze poi c’è ne’ rimasto ancora qualcuno .
Ma il bello sarebbe a recitalle scegliendo tono e sillabe sulle quali appoggiarsi.
Allora si che l efficacia sarebbe piena ,Sandra l endecasillabo è fatto pe’
Stare nell aire non su’ fogli.
Non è il presagio esangue dell’inverno
che gli alberi accarezza col sentore
del gelo che verrà. Non è il livore
di certi umidi giorni in cui il morire
si annuncia nei colori spenti, e il bosco
fruscia tra i piedi con suoni di bruma.
Non è il sole che nella foschia sfuma,
non è l’inganno delle foglie accese
che la linfa vitale già abbandona.
Nell’estate malata che declina
è l’assenza a ferire, sorda spina,
è il silenzio che l’anima imprigiona;
è la pagina bianca nel quaderno
chiuso sul fiore messo ad appassire,
è il tramonto precoce, triste e fosco,
è l’addio che funesta il nono mese:
colui che disse “Il più crudele è aprile”
ignorava settembre e il suo infierire.
Grazie, Claudio, di aver pubblicato anche qui.