Un altro esercizio di scrittura in forma chiusa, sempre per le Lodi del corpo maschile, come qui e qui.
Si tratta di un sonetto rinterzato, con lo stesso schema metrico di questo di Giulio Mozzi.
Che sia il terzo e sia rinterzato è stato un caso (bello) (spero non casus belli, anche), di cui mi sto rendendo conto mentre scrivo.
E sempre sia lodata anche la mano:
sarebbe un caso strano
che del corpo maschil d’encomio oggetto
dal piede al naso, dal tallone al petto,
rimanessi negletto,
primo strumento del genere umano. (*)
O mano che manovri, o Mana (**), o mano
che mi porti lontano
(l’ontano è il legno di Venezia, ho letto,
e di testiere ripide di letto),
ti dedico un sonetto
rinterzato in orario antelucano.
E scrivo e sembra di vederti, prensile
aprir l’anta del pensile,
stringer manubri, corde pizzicare
o decisa afferrare,
per spingerla, la leva del cambio, esile.
E m’inebrio di gesti quotidiani
(poi penso che domani,
tra le infinite cose che ho da fare
– a parte il verseggiare –
c’è da comprar la crema per le mani).
(*) anche in Wikipedia si annidano endecasillabi: vedi
(**) vedi vocabolario Treccani
Sonetto rinterzato
AaBBbA AaBBbA CcDdC EeDdE
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