Un giorno, su un social network che frequento, vic ha nominato Populonia e Vetulonia. Ispirata da questi bei toponimi, ho risposto con un limerick. Subito anche altri amici hanno risposto, come spesso succede nei social network (e questo è uno dei motivi per cui mi piace frequentarli) e ne sono venuti fuori un bel po’ di versi, più o meno insensati:
Un celebre architetto a Vetulonia
fu invitato a una triste cerimonia.
Vi rimase in disparte
scrutando in certe carte,
e canticchiò “Sognando California”.
(Alessandra)
Nel golfo prospicente Populonia
l’etrusco coltivava una begonia
poi vennero i Romani
e non vi fu domani
per il povero etrusco e la begonia.
(Marco Beccaria)
Un giovane turista a Vetulonia
disse: “Qua è peggio della Caledonia!”
Ma “l’ombra della sera”
bellissima e severa
gli fece perdere quell’acrimonia.
(Alessandra)
Un bancario interista di Baratti
non amava il mercato di Moratti
“Se vendiamo Cambiasso
possiam prendere un asso
tipo Pancev, Vampeta o Paramatti”
(Marco Beccaria)
In risposta al limerick con l’ombra della sera, vic precisa quanto segue: “l’ombra della sera è a Volterra, non a Vetulonia (e se non ce lo so io, ché il babbo nacque nella casa a cinquanta metri dal museo guarnacci)”
Giacomettiana, l’ombra della sera
verseggiando, in città non veritiera
fu messa; tosto vic
corresse nunc et hic
ché il babbo nacque a un passo da dov’era.
(batduccio)
In quei versi ispirati a Populonia
e Vetulonia, ormai era babilonia.
«Cerchiam nei cinefòra
“L’etrusco uccide ancora”»
disse uno dall’aria un poco ctonia.
(Alessandra)
Ho in casa un clone d’ombra della sera
ma è circa la metà di quella vera
non sono un lucumone
ma senza esitazione
cor core dico: sono de Voltera.
(vic)
Lo zio di nonna Monia a Vetulonia
Le espose la seguente querimonia:
se tu sei vecchia, cara
io quasi ho nella bara
il piede in quanto zio di nonna Monia.
(Arimsvotnpölpzwei)
Questo thread nonsense, witty, dada e freak
qualcuno spinge in alto, in home, col cric.
Giuro (non è fandonia),
mo buco Vetulonia,
Volterra e Populonia, e puro Vic!
(Leonardo)
Un professore di Canicattì (*)
irritato dagli up del thread ch’è qui
sbottò con modi bruschi:
“Oh! E che palle ‘sti Etruschi!”
e i poeti in effetti li azzittì.
(Alessandra)
(*) non sapevo di dove fosse Leonardo; gliel’ho chiesto:
Un noto professore di Piacenza
a un certo punto perse la pazienza:
“Men fastidioso è un tic
dei vostri limerìck!”
Ma non ne aveva colpa il poro vic.
(Alessandra)
(qui non ho rispettato la regola delle rime AABBA)
Il giorno successivo, ho aperto il libro di Stefano Bartezzaghi (Sedia a sdraio – Giochi impensati per svagare la mente, Salani editore) appena arrivato, e la prima cosa che mi è apparsa è stato un limerick (secondo me molto bello) di Duccio. Poi sono andata indietro a cercare un altra pagina in cui si parlava di limerick e ho trovato: “I limerick sono strofe di cinque versi. […] In fondo al primo verso, e spesso anche all’ultimo, c’è il nome di un posto: ‘C’è un prete in pedalò a Populonia…'” Stupita (ma neanche poi tanto, ché ci sono abbastanza abituata) da questa bella coincidenza, simile a quelle che la poetessa Giulia Niccolai chiama frisbee, l’ho raccontata agli amici del thread. Vic, che deve averla interpretata come un caso di serendipity, ha risposto così:
Un ballerino scalzo a Serendip
dopo del tap scoprì per caso il tip
restò nascosto il rap
però ha colmato un gap
quel ballerino scalzo a Serendip.
(vic)
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